“Per
immaginare, la mente ha bisogno di immagini”
I
bambini incontrano l'arte attraverso la lettura.
Arte
e creatività svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito
dell’evoluzione infantile: ripercorrendo la storia del pensiero
filosofico e pedagogico, emerge un sottile filo che collega la
pratica di attività artistiche alle abilità comunicative e allo
sviluppo fisico-cognitivo-emotivo durante l’infanzia.
Numerosi
studi sembrano infatti dimostrare che, fin dai primissimi anni di
vita del bambino, l’arte contribuisce a migliorarne le capacità
espressive, a favorire l’apprendimento logico – matematico e
linguistico, a rafforzare la consapevolezza di sé, a liberare le
potenzialità creative insite in esso.
Cosa
s'intende per ARTE?
Per ARTE s’intende
qualcosa che riesce a comunicare emozioni e sensazioni attraverso
un’immagine che ha un valore estetico.
Entrare
in contatto con l’arte, per un bambino significa liberare la
fantasia invogliandolo a sperimentare, a fare, a creare, a inventare.
Per
il bambino in età prescolare, una delle principali fonti d’
immagini è rappresentata dalla lettura di libri illustrati, in cui
le figure commentano ed integrano il testo (quando addirittura non lo
sostituiscono ). La lettura di immagini rimane sempre un'attività
stimolante anche per i bambini della scuola primaria e i ragazzi
della secondaria.
Ogni
bambino per creare una storia e rappresentarla, per raccontare
esperienze vissute, per elaborare il suo mondo immaginario, va a
ricercare nella sua memoria, immagini che sono più o meno numerose
a seconda del bagaglio che negli anni si è costruito attraverso gli
stimoli ricevuti: i libri sfogliati anche solo per le immagini
tornano utili.
Ho
voluto provare a scoprire quali
idee, emozioni e sensazioni può suscitare nei bambini l'osservazione
di un'opera d'arte, in particolare un dipinto.
Che cosa può
comunicare un artista a un bambino di dieci anni con la sua opera?
Quale idea, quali domande, quale storia gli potrebbe venire in
mente? Che cosa può essere in grado di creare semplicemente
ammirando colori, figure, paesaggi, segni....?
DALLA LETTURA DI OPERE D'ARTE, ALLA SCRITTURA CREATIVA
LA
FORESTA INCANTATA
CEZANNE
CEZANNE
Nel
freddo inverno del 1930, in una foresta buia alcuni cacciatori erano
appostati con i loro fucili pronti a uccidere gli animali. L'azzurro
del cielo a quell'ora del mattino, si mischiava al verde degli
alberi. Come tutti i giorni di caccia, le battute cominciavano
intorno alle otto e trenta , ma i cacciatori erano appostati dietro
gli alberi fin dalle cinque del mattino pronti a cacciare tutti gli
animali, cinghiali, bufali e cervi.
Non
avevano però fatto i conti con gli alberi della foresta incantata
che intanto avevano già preso in mano la situazione per proteggere e
salvare gli animali.
I
fucili cominciarono a scoppiettare e ai primi rumori gli animali si
misero al riparo correndo a nascondersi . I cacciatori uscirono allo
scoperto per vedere meglio e colpire senza sbagliare; i bufali non
riuscirono a nascondersi per la loro grandezza, anche i cervi erano
indifesi e i cinghiali correvano disperati andando addosso ai
cacciatori.
Sembrava
che fosse tutto finito per i poveri animali che non avevano via
d'uscita, ma improvvisamente gli alberi cominciarono a staccarsi dal
suolo e muovendosi a grandi passi agitavano i rami spogli che
diventarono come dei bastoni pronti a colpire. I cacciatori si
spaventarono tantissimo e dalla paura scapparono a gambe levate verso
il paese. Agitati e ancora tremanti per il terrore di aver visto gli
alberi staccarsi e muoversi, raccontarono i fatti agli abitanti del
paese, ma nessuno li credette.
Ma
l'importante era che gli animali erano salvi dai cacciatori.
- DANIEL -
UNA RAGAZZA SPECIALE
MONET
DOBBIAMO SCAPPARE
TINTORETTO
IL CANESTRO PERFETTO
CARAVAGGIO
LA CLASSE DI DANZA
DEGAS
IL VALOROSO GIORGIO
RAFFAELLO
TEMPO FA...
BOTTICELLI
ALLA RICERCA DELLA PACE
CARAVAGGIO- GAUGUIN
IL VALORE DELL'AMICIZIA.
MONET
- DANIEL -
MAIA E
LA SUA BAMBOLA MAGICA ALLA RICERCA DELL' AMULETO.
PICASSO
PICASSO
Era
Natale della metà del 900 e la piccola Maia era riunita con la sua
famiglia per festeggiare, quando ad un tratto sentirono suonare alla
porta.
- Vado
io,- disse Maia. La piccola aprì la porta, ma non trovò nessuno,
solo un pacco poggiato sull'uscio con sopra una lettera. Maia non
esitò un istante, prese la lettera e l'aprì. C 'era scritta solo
una frase: apri il pacco.
Sempre
più curiosa e anche emozionata, aprì il pacco e ci trovò una
bambolina con indosso un abito viola e un buffo cappellino.
- Mamma,
secondo te chi può avermi fatto questo regalo?-
- Non
lo so, piccola, ma l'importante è che ti piaccia .-
Si
fece tardi e andarono a dormire. Come ogni sera Maia andava in
camera sua , ma non si metteva subito a dormire, in silenzio restava
a giocare
- Toc,
toc..- Sentì Maia bussare alla porta della sua camera.
La
mamma entrò e disse alla bambina:
- Zia
Margaret è stata male, io e il papà dobbiamo andare da lei. Mi
raccomando fai la brava e aspettaci, non tarderemmo.
- Tranquilla
mamma, sono grande oramai e posso stare da sola.
Rimasta
sola in casa continuò a giocare in camera sua quando d'improvviso
sentì dei rumori provenire dalla scatola della bambola. Pensandoci
bene quella bambola l'aveva inquietata dall'inizio.
- Ciao
Maia,- si udì dalla scatola.-
Maia
si voltò spaventata quasi non credeva alle sue orecchie.
- Bambola,
ma sei proprio tu?- Domandò.
- Si.
Sono io, ma stai tranquilla non voglio farti del male e poi non mi
chiamo bambola, ho un nome. Mi chiamo Clarissa. La
bambola cominciò a raccontare a Maia la sua storia e il perchè si
trovasse li.
- Vedi
io ho perso un amuleto che per me è molto importante. Io non sono
una bambola, ma una bambina intrappolata in questo corpo di bambola
e solo ritrovare quell'amuleto mi farà riacquistare la mia
identità. Mi devi dare una mano a ritrovarlo.
Maia
accettò senza stare a pensarci molto. Era eccitata all'idea di nuova
avventura ma anche di avere una nuova amica.
- Dimmi
come possiamo fare e mettiamoci subito alla ricerca di quest’
amuleto.
Clarissa
fece cenno a Maia di avvicinarsi alla scatola e le mostrò uno strano
portale magico che insieme avrebbero dovuto attraversare.
- Vedi?-
Le domandò indicandolo,- una volta superato quel portale ci
ritroveremmo in un mondo parallelo a questo, dove qualcuno ha portato
il mio amuleto per utilizzarlo a suo favore. Non sarà facile,
difficili enigmi da risolvere e percorsi tortuosi ci attenderanno.
Ora che sai tutto sei sempre disposta a seguirmi per darmi una
mano?-
- Certo
che ti darò una mano, anzi non perdiamo tempo.- Disse Maia.
Si
afferrarono per mano, fecero un lungo respiro, si raggomitolarono
facendosi più piccole che poterono e via, dentro il portale.
Dopo
pochi minuti si trovarono dall'altra parte del portale e camminarono
fino alla stanza finale. Fu a quel punto che Maia intravide un'ombra.
- Clarissa,
- sussurrò spaventata Maia- di chi è quell'ombra?
- E'
lui, il mio creatore – Rispose la bambola.
Maia
non perse tempo, afferrò la bambola e in gran fretta la mise dentro
la borsetta .
Cominciò
a correre più che poteva. Aveva paura che il Creatore la vedesse e
capisse il perchè della loro presenza li.
- Maia,
l'amuleto dovrebbe essere nascosto nello scrigno dentro la stanza
finale, dobbiamo tornare li,- Sussurrò Clarissa dall'interno della
borsetta.
- Va
bene. Torno indietro.
Mentre
ripercorreva la strada più lentamente, notò una spada poggiata alla
parete e decise di prenderla. Non aveva altra scelta. Per riprendere
l'amuleto e aiutare la bambola era disposta a tutto. Per fortuna il
Creatore non si era accorto di niente e non ci fu bisogno di usare la
spada. Clarissa entrò nella stanza con passo leggero, si diresse
verso lo scrigno custodito in una nicchia nel muro. Lo aprì senza
difficoltà. Quando
sollevò il coperchio, venne fuori una luce radiosa: l'amuleto era lì
pronto a essere messo al collo della bambola. Maia aprì la borsetta
, tirò fuori Clarissa e le mise al collo l'amuleto. In pochi secondi
della bambola neanche l'ombra: il vestito viola poggiato a terra
insieme al buffo cappellino era quello che restava .
Accanto a lei una bambina graziosa e sorridente.Anche
questa volta si afferrarono per mano e via verso il portale magico,
era ora di tornare in camera. I genitori di Maia sarebbero rientrati
da un momento all'altro.
Una
volta nella camera le due bambine presero insieme la decisione:
Clarissa non aveva un posto dove andare e così decisero che per il
momento sarebbe stata bambola quando in casa c'erano i
genitori, e bambina invece quando loro non ci sarebbero stati.
L'amuleto era davvero utile. Poi piano piano avrebbero trovato un
modo per far si che Clarissa restasse sempre bambina.
- FRANCESCA-UNA RAGAZZA SPECIALE
MONET
Una
ragazza elegantemente vestita passeggiava nel prato colorato da
fiori di mille colori, gialli, rosa, viola e verdi.Era
molto bella e un po' misteriosa con il suo parasole che usava sempre
quando andava nel prato il pomeriggio per ripararsi dal sole cocente.
Un
pomeriggio d'estate, quando il sole batteva forte, la ragazza uscì a
fare due passi sempre con il suo parasole e i suoi lunghi ed eleganti
vestiti di pizzo. Indossava
sempre anche un cappellino che teneva fermo legandolo al mento.
Quel
giorno incontrò due bambini che sembravano proprio essersi persi.
- Signora,
potrebbe aiutarci a ritrovare la strada di casa? Siamo qui da pochi
giorni e ci siamo persi.- Domandò la bambina alla ragazza con voce
tremante.
La
ragazza chiuse l'ombrellino e si chinò verso i due bimbi, li guardò
bene e fu con loro un po' severa:
-si,
vi darò una mano, ma dovete promettere di stare attenti d'ora in
poi. Quando i luoghi non si conoscono, bisogna prestare maggiore
attenzione.
I due
bambini l'ascoltarono e fecero di si con la testa.
Allora
la ragazza si tirò su e riapri l'ombrello. Allungò le braccia e i
suoi piedi si staccarono appena dal suolo. I bambini non riuscirono a
credere a ciò che i loro occhi vedevano.
-Su,
svelti – li richiamò la ragazza. - Aggrappatevi ai miei stivali e
via su per i cieli così vedremo meglio dove vi devo lasciare. I
bambini obbedirono senza fiatare. La ragazza con l'ombrello sembrava
molto sicura di se. Una volta su in alto nel cielo i bambini felici
ammiravano ogni cosa: il prato fiorito, i tetti delle case, il
campanile del paese, i bambini nel parco. Tutto era minuscolo ma
davvero magico. Dopo un bel giro su nel cielo reggendosi sui piedi della ragazza,
i bambini riconobbero la loro casa e la ragazza lentamente li fece
scendere. Salutò
i bambini che la ringraziarono con un lungo abbraccio.
Mentre
risaliva su in alto, la bambina le urlò:
-Ehi!!
Non ci hai detto il tuo nome, come potremo cercarti ancora?-
-Mary
Poppins. Il mio nome è Mary Poppins. Non dovete cercarmi, vi
troverò io quando avrete bisogno di me!!-
- NICOLE -
DOBBIAMO SCAPPARE
TINTORETTO
Una
famiglia scappava dalla guerra che era scoppiata nel villaggio . In
tanti si erano messi in fuga perchè non era più possibile vivere in
pace.
Prepararono
poche cose e partirono alla ricerca di un posto sicuro, senza
bombardamenti, fame, e paura. Dopo pochi giorni di cammino trovarono
una capanna nascosta in mezzo ai cespugli. Guardarono dentro e
videro che c'erano alcuni animali. Decisero di fermarsi li per un
po' almeno per riposarsi. La
mattina il papà si alzava molto presto e si occupava degli animali,
li portava fuori a pascolare e a farli mangiare qualcosa.
Una
mattina uscì prima del solito e dopo aver fatto un pezzo di strada,
due soldati armati lo fermarono e gli chiesero chi era e da dove
venisse.
Il
papà per proteggere la moglie e i figli, disse che era solo, che non
aveva famiglia e così i soldati gli credettero. A lui gli misero
delle catene ai polsi e lo rinchiusero nelle prigioni del palazzo
della vicina città. Intanto
la moglie e i figli non lo videro rientrare e si cominciarono a
preoccupare. La mamma lo aspettò fuori dalla porta fino a tardi, ma
del marito non c 'era traccia.
Pensò
tutta la notte a quello che poteva fare per ritrovare il marito. Alla
fine preparò poche cose e usci dalla capanna. Aveva deciso di andare
a cercarlo. Raccomandò ai figli più grandi di stare attenti ai più
piccoli, di non uscire dalla capanna e di non aprire a nessuno. E
partì cercando di fare la strada che di solito faceva il marito con
gli animali.
Camminò
per ore e ore, poi lesse un cartello in cui era indicata la strada
per il palazzo della città. Camminò ancora per un po' e finalmente
lo vide: era grandissimo, con delle torri alte e merlate, tutto
intorno ad un canale pieno d'acqua. Con forza e coraggio si avvicinò,
trovò un passaggio nel canale e finalmente entrò dentro. Intanto i
soldati andavano avanti e indietro portando i prigionieri che
catturavano per le strade e portavano nelle prigioni sotterranee per
far diventare soldati anche loro. Lei
si nascondeva appena sentiva arrivare qualcuno. Riuscì a entrare
dentro il castello e cominciò a entrare in tutte le stanze che
incontrava, ma il marito non si vedeva.
A
un certo punto vide tanti gradini che scendevano verso giù; decise
di scendere quelle scale, e alla fine si apriva una grotta molto
buia e fredda. Lì coricato a terra finalmente lo trovò. Si
abbracciarono felici e lei lo aiutò a sollevarsi.
Uscirono
in silenzio dalla grotta, ma un soldato armato l'aveva seguita e ora
si trovava proprio davanti alle scale. I due rimasero pietrificati
dalla paura. La fortuna volle che il soldato fosse uno di quelli
buoni che appena poteva aiutava gli uomini a scappare per non farli
diventare dei soldati di "guerra". Così
li lasciò passare, non disse niente e con un cenno della mano gli
indicò il passaggio segreto che li avrebbe portati fuori dal
castello direttamente sulla pianura da dove potevano tornare alla
loro capanna. Insieme tornarono a casa dove i bambini aspettavano con
ansia il loro ritorno. Vissero felici per un lungo periodo di pace.
- ANNA -
IL CANESTRO PERFETTO
CARAVAGGIO
Tempo
fa un signore di nome Michelangelo Merisi, che tutti chiamavano
Caravaggio,
cominciò
a dipingere un quadro: voleva rappresentare un cesto di frutta, ma
ogni volta che credeva di averlo finito pensava che poteva fare di
meglio e lo ricominciava da capo.
Dopo
vari tentativi, una mattina uscì di casa e andò a comprare un cesto
migliore di quello che aveva e tutta la frutta che gli serviva.
Così
organizzò un tavolo e preparò tutto; ci volle un po' di tempo per
trovare la posizione giusta, le luci e i colori adatti, ma alla fine
ci riuscì e fu soddisfatto.
Cominciò
a fare tanti dipinti e questo lo portò sempre più in alto e tutte
le persone desideravano avere un suo dipinto. Il suo sogno si stava
avverando: i suoi lavori piacevano alla gente perchè lui diventava
ogni giorno più bravo. Le persone lo pagavano davvero tanto e i
soldi che guadagnava gli spendeva per comprare attrezzatura da pittura
migliore di quella che aveva.
Intanto
il dipinto della Canestra di frutta fu venduto sempre di più e tanto
apprezzato . Molto felice Michelangelo Merisi detto Caravaggio,
dipinse tante altre opere.
- FEDERICO -
LA CLASSE DI DANZA
DEGAS
In un
grande salone di un antico palazzo, il signor Degas, un uomo elegante
di circa cinquanta anni, decise di aprire una scuola di ballo per
adulti e bambini. I
preparativi per sistemare il locale durarono parecchi giorni e
finalmente nel freddo mese di febbraio si aprirono le porte della
scuola.
Il
signor Degas era molto severo e la prima cosa che fece fu quella di
stabilire le regole della scuola che tutti, grandi e bambini dovevano
conoscere e rispettare.
Così
le lezioni iniziarono: gli adulti con la danza classica, i ragazzi i
balli spagnoli e i più piccoli, balli semplici e brevi.
Dopo
poche settimane il maestro Degas annunciò il giorno del saggio.
-Vi
chiedo il massimo impegno, - Si raccomandò. Dobbiamo prepararci e
allenarci a lungo per fare bella figura.-
Dopo
lunghe ore di prove giunse finalmente il giorno tanto atteso; tutti i
ballerini si presentarono puntuali per la consegna degli abiti. Gli
spettatori arrivarono numerosi, ma purtroppo ci furono dei problemi.
Le luci smisero improvvisamente di funzionare e così anche i
microfoni e le casse. Un vero guaio, il saggio sembrava dover
diventare un vero fiasco.
Ma il
signor Degas non si perse d'animo. Mancava circa una mezzora
all'inizio e lui corse fuori dalla scuola verso il negozio per la
musica, dove cercò le musiche che gli servivano e anche una vecchia
radio che andava a batterie senza bisogno dell'elettricità.
Di
corsa il maestro tornò nella scuola giusto in tempo per mettere la
musica e far partire le danze. Andò
tutto per il meglio; lo spettacolo era piaciuto a tutti e nessuno
fece caso al fatto che la luce non ci fosse. La vecchia radio a
batterie aveva salvato il saggio. Il maestro Degas era molto fiero
della sua classe di ballo, per l'impegno e il rispetto che avevano
dimostrato per la disciplina che lui aveva proposto.
- MATTIA -
IL VALOROSO GIORGIO
RAFFAELLO
Una
mattina di primavera, Giorgio Cavaliere dell'ordine dei "Giusti",
andava a cavallo verso il mercato del villaggio. D'improvviso sentì
un urlo da oltre la collina.
- Oh,
una damigella in pericolo,- pensò.
Incitò
il cavallo e galoppando prese la strada verso la collina. Arrivò
oltre la parte più alta e vide miss Clara indifesa aggredita dal
cattivo drago della collina. Aveva il muso enorme e il naso rotondo ,
una coda lunga almeno due metri e delle ali simili a quelle di un
pipistrello, solo un po' più grandi.
Giorgio
scese subito dal cavallo, impugnò la spada e sferrò un colpo al
drago che indietreggiò sorpreso da quell'attacco. In pochi minuti
mise in salvo Clara e tornò all'attacco, ma il drago non c'era più,
aveva aperto le ali ed era volato via.
Clara
ringraziò tanto il suo salvatore che tornò a casa felice di aver
potuto aiutare qualcuno, ma una volta a casa Giorgio non faceva che
pensare al drago e a dove si era cacciato. Non vedeva l' ora che il
sole sorgesse per andare a cercarlo.
Il
mattino dopo, all’alba, montò a cavallo e s'incammino verso la
collina e a metà strada arrivò fino alla palude: qui dovette
lasciare il cavallo e proseguire a piedi.
Quando
arrivò ai piedi della collina, prese un po' di fiato inghiottendo la
saliva e iniziò la scalata a mani nude.Giunse
fino all'ingresso di una caverna , si fermò per bere dell'acqua e
mangiare almeno un po' di pancetta che si era portato dietro per
nutrirsi e avere più forze.
Con un
po' di paura, ma con tanta tenacia, si inoltrò nell'oscurità della
caverna scavata nella parete della collina. Accese
una fiaccola e lo spettacolo che si trovò davanti non fù
certo molto bello: un mucchio di ossa, ma non solo. Li dentro c'era
anche il drago. Giorgio non perse un solo attimo e gli si avventò
contro salendogli in groppa.
L'animale inferocito tentava di
divincolarsi in ogni modo e lottando uscirono dalla caverna. Giorgio
sulla schiena del drago cercava di non cadere reggendosi forte mentre
il drago si agitava per farlo cadere giù. Il drago aprì le ali e si
alzò in volo. Volarono fino al paesino e proprio quando furono sopra
i tetti delle case, il drago con un movimento più deciso buttò giù
Giorgio che arrivò a terra. Anche il drago poggiò a terra le sue
zampe e il cavaliere ne approfittò per sferrargli un colpo dritto
nel muso. Il drago indolenzito gli rispose con un morso, prima uno,
poi un altro fino a quando Giorgio rimase a terra quasi senza vita.
Per fortuna qualcuno aveva avvisato gli altri cavalieri dell'ordine
dei Giusti, che preoccupati per Giorgio, lo avevano seguito su per
la collina. Trovarono Giorgio svenuto e insanguinato, lo caricarono a
cavallo e lo condussero nell'infermeria per curarlo. Il coraggio di
Giorgio servì a catturare il drago che da anni minacciava i villaggi
della collina. Eh si. Il drago stordito dai colpi che Giorgio gli
aveva inflitto, se ne stava accovacciato a terra senza forze, così
per i cavalieri fu un gioco catturarlo e rinchiuderlo nelle segrete
del castello dove avrebbe trascorso gli anni senza più spaventare le
persone.
- AURORA -
TEMPO FA...
BOTTICELLI
Tempo
fa ai piedi di un grande monte, sorgeva un piccolo paese di
provincia dove la vita scorreva tranquilla. In una casa in periferia
viveva una famiglia semplice composta dal padre, dalla madre e da due
figli, la più grande aveva dieci anni, il maschio circa otto. I
due bambini non avevano mai conosciuto il nonno materno che era morto
quando la loro mamma era ancora ragazza.
Il nonno paterno non godeva
di buona salute, già da giovane aveva avuto seri problemi al cuore.
Una notte accadde l'impensabile per quei bambini tanto legati al
nonno. Ricevettero una notizia sconcertante: il nonno stava morendo.
La mamma svegliò la bambina dicendo che il nonno si era sentito male
e uscì per andare da lui. La bambina non era una sciocca e aveva
intuito che il nonno non stava semplicemente male. Erano le cinque
del mattino, il giorno del suo compleanno ; pochi minuti
dopo il suono delle sirene si fece sempre più vicino. La bambina era
stanca ma sveglia e aspettava il rientro della mamma. Quando lei
tornò, non ci fu bisogno di parole, la sua faccia parlava chiaro: il
nonno era morto. Lei dentro il suo cuore già lo sapeva. Non
sapendo cosa pensare per consolarsi, cercava di ripetere a se stessa:
ha smesso di soffrire. Un giorno forse ci rivedremmo.
Anche
il fratellino fu informato della morte del nonno, e all'inizio
sembrava non averla presa tanto male. Era solo l'inizio di un lungo
periodo di ricordi, e sofferenze. Trascorrono i giorni, le settimane
e i mesi e poi gli anni. La
piccola sogna sempre di rivederlo, di riabbracciarlo e potergli dire
ancora una volta – grazie per la persona che sei
stata che ancora vivi dentro di me.
Sa che le persone a lei care, sono andate via, ma sono in Paradiso e
spera di poterci andare anche lei per stare insieme a loro, per
capire se veramente il paradiso è radiante come il sole, per capire
se la felicità è vivere in eterno. In
questi anni la bambina ha pianto, ha sofferto, è andata avanti
cercando consolazione tra le persone che le stanno accanto. Ma per
lei è importante andare avanti perchè quando si cade si cerca di
rialzarsi sempre e reagire.
- GRAZIA -
ALLA RICERCA DELLA PACE
CARAVAGGIO- GAUGUIN
In
un paese lontano in un villaggio di nome Kabul, un po' di tempo fa
vivevano numerose famiglie tutte con tanti figli. Vivevano felici, anche
se non avevano tante ricchezze.
Un
giorno però arrivarono dei soldati che li minacciarono ordinandogli
di rientrare in casa veloci. Ma non tutti obbedirono agli ordini. Due
bambini entrarono nel mulino e si nascosero in mezzo al fieno. La
macchina dei soldati era proprio lì davanti al mulino, bastava
andare a prendere le armi che erano dentro.
- Vai,-
disse uno di loro- Prendila e ce ne potremo scappare.
Ma
l'altro bambino rispose:
- che
fine faranno i nostri genitori?
- Non
possiamo perdere tempo, fra un po' usciranno e se ci troveranno qui,
sarà la fine.
All'improvviso
da una casa uscì di corsa un bambino e i soldati lo seguirono.
A quel
punto i bambini ne approfittarono, uscirono da dietro il mulino e
corsero verso il bosco. Corsero per parecchio tempo, non sapevano
dove stavano andando e quanta strada avevano fatto, ma arrivarono in
un punto dove c'erano tanti rovi e grossi pezzi di legno. Era il
posto giusto per costruire un riparo, una capanna. C'era freddo e
cominciavano anche ad avere fame. Grazie a Dio c'era un albero di
cachi e ne approfittarono. Non c'erano solo loro però, anche un nido
di uccelli utilizzava quell'albero. Dopo
si riposarono sotto quella piccola capanna che erano riusciti a
costruire. La mattina si svegliarono molto presto, erano preoccupati
di quello che stava succedendo alle loro famiglie, imprigionate dentro le loro case.
Dovevano trovare qualcuno che li aiutasse, loro da soli non potevano salvarli.
Dovevano trovare qualcuno che li aiutasse, loro da soli non potevano salvarli.
Ma
come fare ad avvisare le forze di PACE che stavano molto lontano da
lì?
- Dei
fumogeni. Dobbiamo trovare dei fumogeni per avvisarli. Solo cosi
guadagneremo tempo.- Disse uno di loro. Cosi
decisero di uscire dalla capanna e andare a esplorare un po' in giro,
forse avrebbero trovato qualcosa. Mentre
camminavano sotto il sole, una vocina li fece voltare.
- Cip..cip...cip...
Era uno degli uccellini del nido sopra la pianta dei cachi.
- Cip
..Cip.. Cip..- Continuava insistente.
Allora
i bambini capirono che l'uccellino l voleva dirli qualcosa o meglio
indicare un percorso che li avrebbe portati dritti a trovare l'aiuto
che cercavano.
I
bambini lo seguirono mentre lui, felice di aiutarli continuava a
cinguettare.
La
strada era molto lunga, camminarono fino alla fine della giornata e
finalmente arrivarono alla fine del bosco dove scorreva un lungo
fiume. Avevano fame e si nutrirono di ciò che la natura gli dava. Mentre
si riposavano per la fatica di quella camminata, sentirono in
lontananza delle voci.
Si
avvicinarono per sentire e vedere meglio. Non credevano ai loro
occhi. Alcuni uomini gli venivano incontro. Erano arrivati all'accampamento dei Pacifisti che già da un po' avevano sentito il
richiamo del cinguettio degli amici uccelli che spesso indicavano la strada a chi non la conosceva. I
bambini spiegarono la situazione, salirono sulle macchine delle forze
di pace e indicarono la strada verso il loro villaggio. Giunsero
appena in tempo. I soldati stavano già caricando intere famiglie sui
loro camion per portarli chissà dove.
- Fermi!-
urlò il Capo Pacifista. - Fate scendere donne uomini e bambini.
Loro non andranno da nessuna parte. Ora saranno sotto la nostra
protezione.-
I
soldati, innervositi prima fecero tante storie, ma poi obbedirono. Riaprirono
le sponde dei camion e piano piano tutte le famiglie scesero.
- Per
fortuna sono tutti vivi.- Disse uno dei bambini.
- Si,
giusto in tempo. - continuò l'altro.
Felici
tornarono tutti nelle loro case . Da quel giorno il villaggio ogni tanto
ospitava una nuova famiglia, quella degli uccellini. Loro non
abbandonarono mai il nido sulla pianta dei cachi, perchè dovevano
essere pronti per aiutare chi aveva bisogno di trovare la strada
verso la PACE.
- SAMUELE -
IL VALORE DELL'AMICIZIA.
MONET
Un
cane e un uomo, amici inseparabili, non avevano niente, erano
talmente poveri che vivevano nella panchina di un parco di una grande
città.
Un
giorno il parco era molto affollato; I bambini giocavano, le mamme chiacchieravano, qualcuno correva, altri leggevano il giornale e loro
due sempre lì nella loro panchina a osservare tutto quello che
succedeva intorno a loro. A un
tratto l'uomo con lo sguardo verso l'alto guardava un aquilone che
volava in cielo tenuto da un bambino. Quando si era voltato di
nuovo verso il cane, questo non c'era più. Aveva cominciato a chiamarlo, una volta, due, tante volte, ma del cane non
c'era traccia. Alcune
persone che stavano nel parco, che lo conoscevano, si avvicinarono e
lo aiutarono a cercare il cane. Girarono il parco in lungo e in
largo, ma niente, il cane si era come volatilizzato. Passarono
i giorni e le settimane e l'uomo ogni giorno aspettava il ritorno del
suo amico. Intanto diventava sempre più triste, non sorrideva più,
non mangiava e non riusciva a dormire senza la compagnia del suo
cane. I visitatori del parco ogni giorno si avvicinavano cercando di
tirarlo un po' su, gli offrivano qualcosa da mangiare, ma lui aveva
perso la gioia di vivere. Un pomeriggio, di una bella giornata di
sole, l'uomo se ne stava triste nella sua panchina quando davanti a
lui passò una bella signora che teneva al guinzaglio un cane. L'uomo
non poteva crederci, era proprio lui, il suo adorato amico. Anche
il cane appena fu davanti alla panchina si fermò e cominciò prima a
guaire come se piangesse, poi ad abbaiare forte, quasi arrabbiato.
L'uomo si alzò dalla panchina e si chinò verso il cane. Non credeva
ai suoi occhi: era proprio lui, il suo caro amico.
Il
cane diede uno strattone e la donna perse il guinzaglio; il cane
cominciò a scodinzolare girando intorno al vecchio padrone senza
smettere di fargli le feste. La donna non credeva ai suoi occhi: quel
cane gli era stato regalato da un amico per il suo settantesimo
compleanno e da quel giorno gli aveva dato tutte le cure necessarie
e anche tanto amore. Come era possibile che ora lui era felice di
vedere un'altra persona che il cane sembrava conoscere bene?
- Il
mio amico! Il mio amico, ripeteva l'uomo felice e il cane gli
girava attorno festoso.
- Ma,
veramente questo è il mio cane.- Disse la donna sconcertata.
- No
signora, niente affatto. Lui è il mio amico, vede viviamo qui da un
po', qui in questa panchina,- disse indicando il loro rifugio.
- No,
ma questo cane è mio, mi è stato regalato da un mio amico
esattamente un mese fa, il giorno del mio compleanno,- rispose la
donna un po' arrabbiata.
A
quelle parole l'uomo ebbe come un ricordo improvviso di quel
pomeriggio al parco: una macchina scura, grossa e veloce che aveva
visto andar via di corsa nella strada difronte al parco.
- Ora
è tutto chiaro,- riprese l'uomo accarezzando il cane. - Qualcuno ti
ha rapito per regalarti a un'altra persona. La cosa triste è che
ora questa persona si è affezionata a te e soffrirà se tu
andrai via da lei per tornare da me.- Proprio come ho sofferto io quando sei scomparso.
Il
cane ascoltava il vecchio padrone come se capisse tutto; i suoi occhi
erano lucidi, la sua coda scodinzolava, ma sembrava tanto triste.
- E
ora cosa facciamo,- disse la donna preoccupata di perdere la sua
nuova compagnia.
- Non
lo so proprio,- disse l'uomo, però un'idea io l'avrei. Penso che
possa andare bene per noi due e soprattutto per il cane,- continuò
l'uomo.
- Sentiamo
questa proposta!- Esclamò.
- Allora
, poiché il cane si vede che è già affezionato a lei, e che
lei lo tratta bene, potremo fare in modo che stia con entrambi.
- Come
è possibile? Noi non viviamo insieme, come faremmo?- Si lamentò la donna.
- Quindi. Facciamo così: la mattina quando lei esce per la spesa o per altro, il cane potrà
stare con me e cosi anche lei è tranquilla. La sera poi
ripassa a prenderlo e starà con lei per la cena e per la notte. La
domenica e i giorni che può, lei viene qui al parco e lui potrà
stare con entrambi,- Concluse l'uomo.
- Benissimo,
mi pare proprio un'ottima idea, non potevamo pensare qualcosa di più
adatto.
E
così dal giorno dopo le loro vite cambiarono, si dovevano
entrambi prendere cura del cane, ciascuno con il proprio modo. L'unica
cosa che entrambi volevano era che il cane fosse felice, nella sua
panchina all'aperto con il vecchio padrone, e in una bella casa
grande e comoda con la nuova padrona.Da
quel giorno vissero tutti bene.
- GIOVANNA -
LA RAGAZZA DAI MAGICI POTERI
NEL GIARDINO SEGRETO
TIZIANO- RENOIR
Marta era una
bambina molto giudiziosa, sempre pronta ad aiutare il prossimo, ma
anche ad ammettere i propri errori. Lei teneva tanto alla sua
famiglia, per lei era la sua gioia più grande. Insomma la figlia
che ogni mamma desidera avere.
Nei luoghi in cui
Marta viveva, gli esseri umani non si stavano comportando proprio
bene e così Dio decise di mettere fine al mondo spazzando via ogni
cosa dalla faccia della terra. Una tempesta devastante giunse nel
paese e lei, molto triste per ciò che stava accadendo, sollevò le
braccia al cielo come se volesse parlare con Dio:
-Oh. Dio, è
vero che noi esseri umani siamo un po' cattivi, ma dacci un’altra
possibilità, possiamo migliorare.-
Dio ascoltò questa
richiesta di Marta e le diede questa possibilità, le
consegnò una clessidra: quella era la chiave per salvare il mondo,
ma lei sarebbe dovuta essere la guardiana di quell'oggetto. Al
termine di ogni settimana il suo compito era girare la clessidra e in
quel momento tutti i litigi tra le persone, i battibecchi e i
dispetti venivano cancellati. Nessuno si sarebbe ricordato più il
motivo per cui aveva discusso con l'altro e la vita ricominciava
serenamente. All'inizio della settimana, giorno dopo giorno
ricominciavano le discussioni tra le persone, ma non c'era problema,
arrivati al venerdì tutto finiva e il fine settimana in paese si
viveva tranquilli.
La gelosia per
questo potere di Marta, però, era dietro l'angolo. Qualcuno voleva
possedere la clessidra per sentirsi potente e importante, non per
avere un po' di pace.
Una sera mentre
tornava a casa, Marta fu aggredita da due loschi individui che giunti
alle sue spalle le tapparono la bocca impedendole di urlare. Lei
riuscì con tutte le sue forze a liberarsi e l'unico modo per
scampare al pericolo , era buttarsi in un pozzo che era proprio li
davanti ai suoi occhi.
- Meglio la
dentro, che tra le mani di questi due,- pensò e si lanciò.
Ruzzolò a lungo
giù per il pozzo e già pensava di essere morta, ma in realtà fini
la sua discesa in un meraviglioso campo pieno di bellissime rose
rosa.
Rimase senza
parole, e cominciò a camminare seguendo un sentiero, curiosa di
sapere dove era finita. Il giardino era meraviglioso, colorato,
profumato e allegro.
Scopri che era il
giardino di una scuola e fu qui che incontrò due ragazzi che avevano
più o meno la sua età: Rosalba, una ragazza speciale perchè
nessuno come lei sapeva far crescere le rose, e Edoardo, un ragazzo
timido arrivato in quella scuola da poco tempo.
Marta si presentò
ai ragazzi e chiese i loro nomi. Tra i tre ci fu subito un'intesa.
Rosalba ed Edoardo
erano curiosi di sapere perchè Marta si trovasse nel giardino della
loro scuola. Marta un po' preoccupata raccontò la sua disavventura
per colpa di quei due malviventi e spiegò anche la magia della
clessidra.
- A proposito,-
Continuò-, chissà cosa accadrà da venerdì nel mio villaggio. La
clessidra va girata allo scoccare della mezzanotte del venerdì per
far si che ci sia la pace. Ho fatto questa promessa e se non
riuscirò a mantenerla sarà un vero disastro. A sentire quelle
parole Rosalba rimase un po' turbata e si sentì colpita. Lei sapeva
cosa significava avere in mano il potere di fare qualcosa di buono:
far crescere meravigliose rose tutto l'anno, eleganti e profumate,
era un dono che aveva da parecchio tempo. Per lei questa era una
grande responsabilità perchè pensava sempre al giorno in cui questo
non sarebbe stato più possibile e allora nessuno l'avrebbe più
apprezzata e voluta bene.
-Ti capisco.-
Disse Rosalba a Marta. E' un peso avere su di se certe
responsabilità e la tua è davvero molto grande. Vivere in pace nel
tuo paese dipende da te, mi pare di aver capito!.
Marta dovette
ammettere che la sua nuova amica aveva ragione, ma era stata lei a
chiedere a Dio di ripensare alla sua idea di far finire il mondo. Lei
amava la vita e tutto quello che esisteva e non poteva accettare che
per la cattiveria degli uomini tutto dovesse finire. Era disposta a
tenere fede all'impegno preso. Doveva in qualche modo tornare al
paese prima di venerdì per girare la clessidra.
- Vi prego
aiutatemi a tornare indietro. Devo raggiungere il paese al più
presto.
- Certo, ti
daremmo una mano.
Così presero la
strada più veloce per raggiungere il punto da dove era arrivata.
Marta correva dietro agli amici più che poteva. Raggiunsero il
passaggio, e uno dietro l'altro si buttarono dentro il pozzo senza
stare a pensarci tanto. In un attimo si
ritrovarono al paese, magli abitanti erano violenti e
aggressivi più che mai. La rabbia e la malvagità si erano impossessati
dell'intera popolazione. Neanche la clessidra avrebbe potuto
rimediare a questa situazione.
Marta, Rosalba ed
Edoardo, si fermarono a riflettere e trovare una soluzione.
- Forse io
potrei rallegrare il paese con le mie splendide rose. Mi impegnerò
perchè crescano subito, prima della mezzanotte. Insieme al potere
della clessidra forse potremmo salvare la situazione. - Propose
Rosalba.
Sembrava una buona
idea, valeva la pena tentare. Così fecero. Mancavano pochi
minuti alla mezzanotte e in tutto il paese sbocciarono delle rose
magnifiche che emanavano un profumo meraviglioso talmente dolce che
respirandolo le persone sorridevano. Rosalba era veramente orgogliosa
. Allo scoccare della mezzanotte Marta girò la clessidra e subito il
male e la rabbia sembravano scappare dalle persone.
Aveva funzionato.
Unendo i due poteri le due amiche erano riuscite a far tornare la
serenità.
Rosalba era felice
che il suo potere delle rose era stato utile e anche Marta era molto
contenta per essere riuscita a rispettare il patto. Tutti erano più
felici che mai.
Gli anni passarono
veloci e le due amiche continuavano a usare i loro poteri per il bene
dell'umanità. Rosalba ed Edoardo si sposarono e nacque una bambina,
Winga. Marta divenne la sua madrina. E naturalmente la piccola aveva
anche lei un potere, quello dell'amore.
- CHIARA E SOFIA -
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