ADOLESCENZA: AMORE,
AMICIZIA, ESCLUSIONE, SOCIAL…
« Su una parete ho messo un grande specchio. Non puoi pianificarti la
vita se non vedi bene come appari agli occhi degli altri. Perchè l'apparenza è
tutto, poche balle: la gente ti guarda e in un secondo si è già fatta un'idea
di te, che non la scardini neanche a morire! »
Fra me e te
nasce come romanzo auto pubblicato e finisce per essere recensito ottimamente
da molti lettori fino ad arrivare nelle mani di una editor di Rizzoli e, da lì,
alla pubblicazione a marzo per la
grande casa editrice. Questo è un romanzo vivo, una storia semplice, ma che
coinvolge spingendoti ad arrivare bramosamente all’ultimo capitolo. Diversi, e di forte impatto sono gli
argomenti in cui il lettore, ragazzo o adulto si ferma a riflettere nel viaggio
tra le righe scritte da un giovane romanziere che con il suo romanzo di debutto
ci spinge a osservare anche la società sempre più caotica e frenetica di
stimoli in cui viviamo. Insomma, quasi un romanzo di formazione bello, sotto tutti gli
aspetti.
Un racconto a due voci, quelle di un ragazzo, Edo arrabbiato,
fragile, disgustato un po' da tutto. Detesta i suoi professori – Voldemort, la
Frigida, il Cetaceo. Non ha veri amici. Odia Cordaro, la sua città perché è
caotica e sporca, ma soprattutto perché è piena di stranieri. E lui gli
stranieri non li può vedere, in particolare i cinesi. Finché non incontra Yong. E la storia allora
intreccia anche la figura di una ragazza la cui personalità è in contrasto con
tutto ciò che orami è realtà dove l’apparenza e il compiacimento altrui
alimenta il quotidiano. Chiara è una brava ragazza, fa volontariato, ha voti
altissimi a scuola. Tiene un diario intitolato “Memorie di un bruco sognatore”.
Per gli adulti è una da additare come esempio, per i suoi compagni è troppo
seria. Finché non scopre Facebook…
Una storia bella che fa emozionare, ricordare, sognare. Un racconto che
traccia un’immagine profondamente attuale della vita parallela che i social
network creano. Una piacevole narrazione che attraverso sequenze riflessive e
descrittive scatta una fotografia della scuola, dei genitori assorbiti in pieno
da questi giovani. Ma anche la forza dei codardi e il coraggio dei deboli viene messo
efficacemente in risalto.
Una storia che si snoda tra i vicoli stretti, piacevoli, malinconici ed eccitanti
dell’amore, quel sentimento che
affascina e spaventa gli adolescenti come Edo, che li coinvolge ma li rende
vulnerabili, che li fa sentire importanti ma anche timorosi di perdere le
amicizie del gruppo.
Il valore dell’amicizia, un altro
messaggio della storia, la linfa che nutre le giornate dei ragazzi, quella
relazione di affetto reciproco e costante scandita dalle continue vibrazioni che
richiamano alla chat sullo smartphone e che li fa sussultare, mentre la penna
scorre magistralmente sul foglio del quaderno e le note del gruppo del momento
vibrano sulle cuffiette “ficcate” nelle orecchie.
Generazione
del “…posso fare, so fare più cose insieme”!
….Siamo in chat, mi hanno messo in
una storia di instagram, ti taggo, mi seguono, l’equivalente di.. ne parliamo
in piazza, mi piaci….
Poi c’è
il pregiudizio, altro tema forte e importante, il danno di
un’opinione preconcetta che spesso fa assumere atteggiamenti ingiusti, giudizi
taglienti verso chi non è come loro, che minano i loro rapporti con l’altro,
con chi non entra nelle chat ma comunica alla vecchia maniera, chi impiega il
tempo a fare del bene, chi è affascinato dalla scuola.
Sono questi i passaggi che il giovane autore affronta nella sua storia, quasi un’esperienza di formazione che trascina
il lettore fino all’ultima pagina con continui colpi di scena.
Leggere di adolescenza attraverso la lettura delicata di una storia
attuale, è utile a tutti, a chi
adolescente non è più e al tredicenne che attraversa la difficile tempesta.
Dietro
tutto il rumore che facciamo c’è sempre la stessa domanda: chi sono io? E ci
tormenta non avere una risposta; e allora l’unica fuga è stare nel branco
giusto, con tipi come te.”
Uno stralcio che mi ha fatto pensare, riflettere anche sulla solitudine che
i ragazzi spesso “sopportano” pur essendo immersi in un caos di stimoli,
musiche, contatti, amicizie, virtualità …onnipotenza!
Così ho riascoltato con piacere un’intervista di Umberto
Galimberti filosofo, sociologo, psicoanalista e accademico italiano,
giornalista de La Repubblica, che riprende principalmente la
psicoanalisi di Sigmund
Freud e di Jung sostenendo che i ragazzi non dispongono di una
razionalità completa. Secondo le neuroscienze, i lobi frontali della
razionalità, raggiungono la maturazione intorno ai 20 anni e allora, gli
adolescenti che cominciano le loro esperienze intorno ai 12/13 anni sono
costretti a cambiare la loro visione del mondo senza l’aiuto del principio
della razionalità. Questo è quindi un momento davvero delicato in cui la scuola
ha un ruolo significativo e la citazione di Froid
… LA SCUOLA NON DEVE ESSERE UNA PROVA DELLA VITA,
MA UN GIOCO DI VITA….
è sempre
attuale perché le esperienze dei ragazzi sono interrotte e discontinue in
quanto stanno sperimentando le modalità per diventare adulti. Penso che sia
importante che la scuola non si fermi solo a istruire e trasmettere saperi, poiché
si impara quando si è affascinati , si
apprende quando si è catturati dall’interesse e dalla propria dimensione
emotiva.
..” Non si entra nel sapere per via intellettuale, ma
per amore”
Paolo di Tarso
Educarli ad avere delle emozioni, a provare dei sentimenti, a gestire la rabbia,
a definire la paura come uno stato emotivo di apprensione
per una situazione che si può affrontare e superare e non come la fine di tutto,
è nostra responsabilità. A vivere la gioia con trasporto, il dolore come sensazione penosa, motivo di sofferenza, ma che rende comunque più forti. A percepire la malinconia
come uno stato dell’anima che rende inquieti e delusi, ma è comunque transitoria, muta
con il sopraggiungere di un evento anche banale.
Anche il disgusto acuto e
persistente è un’avversione che i ragazzi provano spesso non riconoscendola
come emozione da controllare, capace di creare malumori e risentimenti
non sempre motivati.
Quindi è responsabilità della scuola
guidarli a vivere con serenità le loro fragilità, a gestire le tempeste che
arrivano improvvise, aiutarli ad avere fiducia in chi crede in loro, in chi vede in
loro il futuro, fatto di passioni, di sapere, di intelletto e di fisicità che è
solo LORO ma che noi dobbiamo indirizzare attraverso l’esempio, l’autorevolezza
e anche l’autorità!
Nessun commento:
Posta un commento