mercoledì 15 giugno 2016


…” I bambini hanno bisogno di storie come hanno bisogno di cibo. 
                             Il bisogno di storie è universale”.    
Giuseppe Pontremoli )
                                                                                                            
Imporre le proprie scelte a un’altra persona non è mai una buona pratica quando essa è solo perentoria anarchica  imposizione fine a se stessa, priva di una linea costruttiva, arida, incapace di provocare una discussione che miri ad un esito concreto.
Prescrivere scelte di lettura ai bambini, a mio parere, non è una buona consuetudine; tuttavia, presentare delle proposte che poi offrano la possibilità di parlare dei racconti, di discutere di tutte le  sensazioni, di evidenziare le emozioni e raccontare i  vissuti che essi provocano, penso sia   molto bello e porti a risultati personali e collettivi  più che   efficaci.
Allora,  motivare  i bambini suscitando in essi il desiderio  di  leggere proponendo  racconti, storie appassionanti, presuppone la capacità di comunicare la grande valenza che quella determinata storia custodisce dentro di se. Suggerire  la lettura di un racconto ai bambini della scuola primaria, leggerlo individualmente e poi insieme, è utile per creare quella  complicità unica e feconda che si esterna attraverso la  manifestazione personale di ciò che ciascuno coglie: dal confronto emergono sempre tante varianti che vanno dalle possibilità di cambiamento prospettate nel racconto, all’autoconoscenza, dal senso di libertà che la lettura produce, alla maturazione nelle relazioni.


Cito ancora Pontremoli, giovane maestro elementare che nel suo libro  “ELOGIO DELLE AZIONI SPREGEVOLI”  cosi si esprime :   "…non c’è il Bambino, ci sono i Bambini veri, tanti e diversi: i Bambini ricchi e i Bambini poveri, assediati e abbandonati, quelli che hanno la colf e quelli che hanno l’assistente sociale, alcuni hanno dei fratelli , altri dei televisori, altri fame, altri la puzza sotto il naso. E cosi ci sono i bambini allegri, tristi, noiosi, antipatici, saggi, saccenti, arguti, crudeli, teneri, costruiti, affettuosi, spontanei..”  Io vado a scuola ogni giorno, e poi ne ritorno con il convincimento che quel che più conta sono le storie, non le informazioni e le spiegazioni.


Vorrei porre l’attenzione su due racconti che trovo piacevoli come lettura per le vacanze estive, e interessanti come successivo momento di riflessione comune a adulti e bambini. Auspico che entrambe le storie diventino  strumento   capace di suscitare interrogativi, abbattere barriere e preconcetti, creare   atteggiamenti spontanei   per affrontare con delicatezza  e forza insieme i delicati temi che vengono trattati.
  • ·       La favola di Duck   ( per le prime classi della scuola primaria)
  • ·       Troschi e la favola felina  ( per le classi quarta, quinta e secondaria)


        La favola di Duck”, con le belle illustrazioni di Federica Dubbin è un racconto  rivolto ai bambini       ma leggibilissimo a tutte le età. Duck è un bambino disabile che deve combattere, dal momento           della sua nascita con una serie di imprevisti e cattivi esempi scaturiti dall'ignoranza dei cosiddetti       "normodotati". Nella fiaba illustrata compaiono lo stregone Tetrapà, cattivo e perfido, che si era            impossessato di Duck, lo aveva addormentato e gli aveva tolto la capacità di camminare dal                 momento in cui era nato. Poi appare Speranza, una fatina piccola piccola che stava sempre                  vicina al lettino del bambino, ma ecco che arriva la moglie dello stregone, donna terribile,                    brutta, vecchia e cattiva: il suo nome era Ignoranza e  spingeva le persone a isolare i bambini              speciali come Duck. Altri personaggi  il folletto Sorriso  e la tata Ioiò che si sarebbe occupata di           Duck in seguito a una grave malattia della mamma.






      Una fiaba moderna in cui si avverte  il necessario bisogno  di avere un amico. Melissa, il papà e la mamma si trovano a gestire un delicato problema sin dalle prime pagine del racconto: dovranno aprire le porte della loro casa a un gattino vero. Ma non saranno le persone a farla da padroni in questa storia e pagina dopo pagina lasceranno progressivamente lo spazio ai veri protagonisti. Troschi e Cenerina, accomunati dall’esperienza dell’abbandono, si ritrovano nella stessa famiglia di umani e crescono una piccola armata di felini che non vedono l’ora di raccontarci come si vive a quattro zampe, tra ciotole mal riposte e pericoli dietro ad ogni angolo. A un primo sguardo il racconto si apre a due narrazioni distinte: il mondo degli uomini, fatto di bisogni e desideri e quello degli animali, più difficile e nascosto. Con naturalezza e ironia si cerca di delineare il significato che l’animale riveste nella vita dell’uomo per poi darci l’esatto opposto prendendo le parti dei compagni a quattro zampe. Sono loro i veri protagonisti di questa avventura a cui l’umano cede il passo per lasciarci immersi nel loro mondo fatto di conquiste e rivalse quotidiane. Tenendo a memoria la lezione degli antichi latini, si propone un testo che vive di costanti similitudini per dirci che alla fine dei conti, non siamo poi così diversi dai nostri amici pelosi. Tanto quanto loro lottiamo ogni giorno per la nostra fetta di giustizia e per assicurare il bene dei nostri cari e quando siamo fortunati possiamo contare sui consigli di un amico. Sotto questo aspetto, e tenendo conto di tutto questo, ci troveremo a faticare per distinguere dove inizia il nostro mondo e dove finisce il loro.
d               
                    DUE  PAROLE  SULL'AUTORE  COMINCIANDO DA      UNA SUA CONSIDERAZIONE

    ..." Chi legge i miei libri deve avvicinarsi con lo spirito di chi vuole condividere un percorso e provare emozioni. Accompagnare un ragazzo nel suo percorso di crescita è un meccanismo lento, impercettibile, anche per gli addetti ai lavori. .. La scrittura serve a fissare in modo indelebile dove inizia un percorso, dove termina e soprattutto cosa si è raggiunto. Deve evincersi la fatica compiuta da tutti per raggiungere un obiettivo…”                                             
                                                      Bruno Furcas

     Sono queste alcune espressioni di notevole valore etico e sociale  che ritroviamo in un’intervista  rilasciata da Bruno Furcas  laureato  in lettere moderne da sempre impegnato    nell’ambito del recupero  di adolescenti con problematiche    esistenziali e di devianza.  Scrittore e autore di vari romanzi e  racconti , opera attualmente  nell’ambito dell’integrazione, della  socializzazione di minori in  situazioni di grave svantaggio.
     Furcas auspica un’idea di una letteratura  come strumento efficace  a facilitare il percorso di crescita dei ragazzi; un percorso  complicato e confuso in cui le costanti spesso si alternano,  passando dalla solitudine alla frenesia, dall’essere troppo  remissivi   e sentirsi inadeguati a ciò che si vive intorno , a sentirsi  quasi onnipotenti e imbattibili, dall’accettare la sconfitta come  momento di crescita all’essere incapaci di accettare un rifiuto.
     Una letteratura per ragazzi, quella proposta da Bruno Furcas,  intesa come piacevole compagna di un  cammino abitato da  persone diverse con le quali essi devono saper comunicare,  interagire, apprendere per migliorarsi. Penso che il genere di  lettura che  propone ai bambini e ai ragazzi, sia di grande rilevanza  per aiutarli a   saper affrontare il disagio  che può essere il loro o  dei compagni. Un malessere che  si presenta spesso davanti ai loro  occhi e che non sempre si è in grado di cogliere ; difficoltà non  sempre palesate  da un look non in linea con i canoni del momento,  o da un igiene sconosciuta, ma fragilità  spesso  mascherate ,   messaggere mute    di sofferenze pregresse  dell’anima, dispiaceri  familiari che si consumano silenziosi  per  un lavoro che manca,  per una malattia che trasforma nel fisico e nello spirito, per  atteggiamenti feroci  di uno dei genitori,   per violenze  psicologiche dovute a insoddisfazioni personali, per errori che si  commettono per fragilità che è solo umana.
           










Nessun commento:

Posta un commento